ANTONINO QUATTROCCHI, Sulle orme dei monaci di Vanella. I cenobiti italo-greci nella storia dei Peloritani. Edizioni Quattrocchi, Barcellona Pozzo di Gotto, 2017.
ANTONINO QUATTROCCHI, Sulle orme dei monaci di Vanella. I cenobiti italo-greci nella storia dei Peloritani. Edizioni Quattrocchi, Barcellona Pozzo di Gotto, 2017.

Ho conosciuto Nino Quattrocchi prima di averlo incontrato di persona perché anni fa avevo letto il suo libro sulla “Foresta Zafarana”, un bosco a Sud di Bafia, e – ovviamente – non c’è meglio di un libro per leggerne l’autore. Dopo la scorsa veloce e preliminare delle pagine, alla “conoscenza” si è aggiunta una spontanea simpatia nei confronti del bafioto che non avevo ancora visto perché ho subito intuito che mi rassomigliava: infatti i luoghi citati nel libro li avevo percorsi anch’io – zaino in spalla – e vissuti con cuore religioso; così Piano Margi, Rocca Timogna, Maicò, Calamo, Gardile…, esplorati a piedi per la prima volta con Piero Maio nel lontano 1961, erano per me nomi già familiari e che, stampati e descritti ora in un volume, mi suscitavano ataviche emozioni sapendo pure che in un passato ancora più remoto li avevano percorsi i miei nonni di Mandanici e di Rodì; insomma, per me costituivano angoli sacri del mito e dell’infanzia.
Adesso, finito di leggere il libro sul cenobio basiliano di Santa Venera di Parasceve, ho avuto conferma delle sue qualità di ricercatore attento e meticoloso di notizie intorno ad un argomento affascinante e quasi sconosciuto. L’Autore ne ha fatto una trattazione, se non definitiva, ad oggi sicuramente la più ampia possibile e convincente, base di futuri studi più approfonditi.
Il libro, infatti, è ricchissimo di notizie con un corredo imponente di note, rimandi bibliografici con tanti nomi classici (Pirri, White, Scaduto, Casalaina, Burrascano, Amico, Maimone…) e contemporanei (Imbesi, Cucinotta, Bilardo…) per ogni particolare, di documenti riportati anche in latino per gli specialisti come appendice ai 21 capitoli. E questi spaziano dalle notizie storiche alle leggende, dalle bellezze naturalistiche al culto di Santa Venera, dal monachesimo orientale sotto gli Arabi al monachesimo sotto i Normanni coi loro diplomi e poi con quelli degli Svevi e quindi degli Angioini e la ribellione del Vespro per arrivare, infine, al moderno catasto, passando attraverso le leggi piemontesi, 1866, che spogliarono Chiese e Conventi. In tal modo veniamo a conoscenza di una gran messe di notizie su fatti, piccoli e grandi, che hanno interessato non solo la Sicilia ma anche la valle solcata dal nostro Patrì. Fra le tante cose, vi è descritta la disastrosa alluvione del 1880 che devastò soprattutto l’alto bacino del fiume con la chiesa di Vanella e di cui raccontavano – io ricordo – ancora negli anni 50 del secolo scorso i vecchi che ne erano stati testimoni: nel fiume, davanti a Rodì i nostri bisnonni videro calare alberi in piedi che superavano il Bastione di Stagno! Così noi Rodioti scopriamo pure – particolare in una nota – che il 23 agosto 1866 il Consiglio Comunale di Castroreale si riunisce d’urgenza e discute una delibera “Per i locali dei P.P. Cappuccini nella Borgata di Rodì”, “locali” che io identifico con una casa in via Germanò 170 dove fino agli anni 1980 nell’arco della porta resisteva una chiave di volta con su scolpito il simbolo francescano: due avambracci che si incrociavano, uno vestito e l’altro ignudo; la casa è stata demolita e la chiave, opera dei nostri bravi maestri pirriatori, è purtroppo scomparsa…
Insomma, è un libro da leggere, consultare, studiare e magari “vivere” anche dai “non addetti ai lavori”; dai semplici curiosi e meglio se appassionati della natura, capaci ancora di sottoporsi alla fatica di una marcia salutare nel bosco per godere, stupiti e silenziosi, nella “mistica valle del Floresta”, la vista di alberi maestosi come u rrùul’i Tùddu, un rovere biblico e meraviglioso che, scampato per miracolo ai barbari incendi appiccati da noi moderni, forse c’era già ai tempi dei primi monaci di Vanella e quindi potrebbe, esso meglio di tutti, raccontarne la storia millenaria.

Carmelo Bonvegna

Di Redazione

Redazione di Europamediterraneo.it

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