L’ottavo capitolo de I Promessi sposi di Alessandro Manzoni si apre con la famosa domanda di don Abbondio: «Carneade, chi era costui?». La domanda non troverà risposta esauriente nel testo letterario, ma resta interessante capire chi sia un tale personaggio della Grecia antica.
Carneade (214/3- 129-8 a. C.) è un filosofo di primo piano della media Accademia, nato a Cirene divenne un riferimento importante nella critica allo stoicismo. Non scrisse nulla e buona parte di ciò che del suo pensiero è a noi conosciuto lo dobbiamo a Cicerone e a Sesto Empirico. Se da un lato, la figura di Carneade si staglia nel confronto tra cultura greca e potenza militare romana – è famosa infatti la sua ambasceria a Roma in cui discettò con due tesi assolutamente opposte sulla saggezza e sulla giustizia della conquista romana della Grecia – dall’altro, la sua mentalità non si conforma minimamente alla cultura egemone in Grecia, che consegnava le vicende umane al Fato e all’orientamento delle stelle, emergendo quale primo critico del pensiero magico-astrologico e quindi di quella forma di determinismo naturalistico che toglie all’uomo in fondo ogni libertà decisionale e lo rende una particella in balìa degli eventi.
Carneade, dunque, è il primo critico dell’astrologia, una sorta di approccio conoscitivo che, dominante nell’antica Grecia, serpeggia da sempre nella storia del pensiero occidentale e che ha trovato dei valenti avversari nelle varie epoche: da Carneade ai Padri della Chiesa a Pico della Mirandola.
Ma perché l’astrologia va destituita di ogni fondamento e non può essere assolutamente credibile? Secondo Carneade di Cirene, gli astri – e dunque l’oroscopo – non hanno alcuna influenza sulla vita degli uomini perché per prima cosa è difficile individuare il momento preciso della nascita o del concepimento di un uomo e dunque la stella sotto cui sarebbe nato, poi si vede come le persone nate nello stesso istante abbiano sempre vicende esistenziali diversificate e mai un medesimo destino. Ma altresì è pure vero – terza argomentazione – come persone nate o concepite in istanti differenti, quindi secondo l’astrologia sotto costellazioni e stelle diverse, poi muoiano contemporaneamente, ad esempio nello stesso naufragio, nella stessa battaglia o durante un’epidemia, tutti episodi che certamente non chiedono all’influenza astrale permesso per falcidiare la vita dell’uomo.
Di conseguenza per Carneade, abile dialettico e maestro di retorica, la vita degli uomini è regolata dalla cultura in cui vivono e che assumono per orientare i propri comportamenti e dalle leggi delle società in cui vivono che decretano ciò che è bene fare e ciò che si deve evitare.
Questo impegno polemico di Carneade è fondamentale e valido in ogni periodo della storia perché sottrae l’uomo da ogni tipologia di determinismo e lo rende protagonista e dunque responsabile delle proprie azioni. Non vi sono astri che condizionano le scelte, ma la capacità razionale, la volontà e la dimensione sentimentale negli uomini vanno armonizzate, a partire dalla formazione che ricevono e messe appunto grazie alla continua cura che ognuno dedica alla propria crescita.
Carneade, chi era costui? Probabilmente se don Abbondio avesse risposto a questa domanda non avremmo avuto il capolavoro letterario di Manzoni, ma una discettazione filosofica sul probabilismo, al di là de I Promessi sposi, oggi come un tempo favorisce la destituzione di ogni fondamento dell’astrologia e risulta importante per optare circa la visione antropologica da seguire. Non c’è, infatti, conciliazione tra una concezione magico-esoterica e una visione razionale-spirituale dell’uomo.
Daniele Fazio