Carlo d’Asburgo, figlio di Filippo d’Asburgo il Bello e di Giovanna la Pazza di Castiglia, nasce a Gand, nelle Fiandre fiamminghe, nel 1500. Per tutta una serie di eventi si troverà ad ereditare i possedimenti iberici del vecchio e del nuovo mondo e i possedimenti del vasto regno austriaco degli Asburgo, ponendo così le basi per diventare monarca di un territorio su cui non tramontava mai il sole.

Di fatto, egli – grazie all’appoggio dei banchieri Fugger e alla credibilità del suo progetto di pacificazione universale fondato sui principi cristiani e sul riconoscimento delle legittime autonomie e diritti dei vari principi – venne eletto nel 1519 Imperatore del Sacro Romano Impero.

Ma il suo progetto politico, culturale e religioso al tempo stesso, fu continuamente attentato e alla fine giunse al tramonto per eventi superiori alla sua pur ferma volontà: Carlo incarnò la figura dell’ultimo grande cavaliere ed imperatore della Cristianità.

Diversi furono i principali ostacoli: il primo si verificò nei territori ereditati dalla madre. Infatti, il suo governo, coadiuvato soprattutto nella fase iniziale dai borgognoni, aveva scontentato le cortes spagnole che si sollevarono, richiamandolo nella penisola iberica per riconoscere le giuste aspirazioni delle istituzioni locali. Riuscì a pacificare la Castiglia dove soggiornò per un periodo prolungato, apprendendo lingua e cultura iberica e sposando nel 1526 la cugina Isabella.

Il secondo ostacolo, sempre interno alla Cristianità europea venne dalla Francia, prima da Re Francesco I Valois e nella fase finale da Enrico II, che se da un lato si vedevano accerchiati dai confini imperiali, dall’altro assunsero una politica di resistenza all’egemonia imperiale che li portò addirittura ad allearsi con i turchi ottomani. Carlo V, ripetute volte sconfisse i francesi e le loro coalizioni, giungendo a diversi accordi e a stipulare trattati di pace, seppur precari. Nel contesto delle lotte con la Francia s’inserisce anche il sacco di Roma del 1527 da parte dei lanzichenecchi, fermamente condannato dallo stesso Carlo.

Il terzo ostacolo fu di natura religioso-politica. Proprio nel 1517, infatti, il monaco agostiniano Martin Lutero veniva a porre uno scisma mai più ricomposto all’interno della Cristianità. Buona parte dei principi tedeschi in funzione antiromana e antimperiale appoggiarono Lutero. Con la dieta di Augusta, cercò quindi una sorta di soluzione pacifica, rigettata dai principi luterani cui seguiranno provvedimenti alquanto duri da parte dell’Imperatore. Ad essi i protestanti reagiranno riunendosi nella Lega di Smalcalda. Questi saranno affrontati e vinti nella battaglia di Mülbergh nel 1547 e tuttavia se tale vittoria ristabiliva l’egemonia imperiale non componeva i dissidi religiosi per la mancata partecipazione al Concilio di Trento, indetto da papa Paolo III, dei teologi protestanti.

L’ultimo ostacolo veniva dall’esterno. Sempre di più i turchi ottomani accerchiavano la Cristianità europea sia da est che dal Mediterraneo. Egli affronterà a diverse riprese i musulmani, in Ungheria in soccorso ai regni del fratello Ferdinando e giungerà a conquistare La Goletta e Tunisi, mentre non riuscirà mai a prendere Algeri.

Malato di gotta e dopo una vita consacrata alla costruzione della monarchia universale con l’impeto e la nobiltà del cavaliere cristiano, pervaso dallo spirito di crociata, e persuaso che ormai l’unità della cristianità non potrà più essere ricomposta a fronte degli ennesimi conflitti con la Francia, alleata dei turchi e dei principi tedeschi, si ritirerà in attesa della morte, in Estremadura, presso il monastero di San Jéronimo di Yuste, non senza prima essersi spogliato di ogni titolo di governo. Il suo impero verrà suddiviso tra il figlio Filippo II e il fratello Ferdinando. Morirà nel 1558.

Ripercorrendo le sue imprese – il suo lungo viaggio – risulta di grande fascino, al di là dei risultati concreti e dei limiti di ogni uomo e di ogni azione politica, l’impegno verso un’ideale politico e religioso cui consacrò l’intera sua vita per estendere nei territori da lui governati una pace universale fondata sull’ordine cristiano.

Daniele Fazio

Di Daniele Fazio

Dottore di ricerca in Metodologie della Filosofia, cultore della materia presso la cattedra di Filosofia morale del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Ateneo messinese con cui regolarmente collabora dal 2009. È stato borsista del Centro Universitario Cattolico ed è risultato vincitore del premio per un saggio di filosofia morale (2014), bandito dalla Società Italiana di Filosofia Morale. È docente di Filosofia e Storia nei Licei e corrispondente per la zona tirrenica della provincia di Messina della Gazzetta del Sud.

Un pensiero su “Carlo V: il sogno della pace universale”

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